“So da dove provengono luoghi, nomi e oggetti, ma i personaggi del mio libro mi sono in larga parte sconosciuti…”. Citando autori come Vassilj Grossman, Pirandello e Sciascia, su ilLibraio.it Dario Lanfranca parla del romanzo “Il vento ara il cielo”, che si muove tra le strade di Agrigento e Palermo, tra gli anni ’60 e ’70, mentre emerge la genesi della “borghesia mafiosa”, che “come un gas inodore permea qualunque cosa”, e in cui gioca un ruolo anche la scogliera bianca della Scala dei Turchi (nella foto)…

Io so da dove provengono luoghi, nomi, oggetti ma i personaggi del mio libro mi sono in larga parte sconosciuti: sospetto che la loro anima sia fatta di una materia impalpabile come lo sforzo di raggiungere la verità. I personaggi di un romanzo sono animati da un “conatus” spinoziano, la forza primordiale che spinge ogni cosa a continuare ad esistere ed agire secondo la propria natura. L’autore ne ha un controllo relativo: percepisce il loro sforzo di vivere, che poi è il suo di avvicinarsi alla verità.

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Uno dei racconti che amo di più è La strada di Vassilj Grossman e mi domando se non sia anche perché il protagonista è l’animale che per antonomasia evoca l’idea dello sforzo, della fatica e dell’innocenza: un asino. Attraverso gli occhi di Giù, trasportato al seguito dell’esercito italiano dall’Etiopia in Russia, vediamo la seconda guerra mondiale: poche pagine sature di verità con un finale che ci racconta in una semplice immagine la scempiaggine umana contro la natura, il creato, gli animali, l’anima e dunque anche l’uomo stesso. Mi pare che la letteratura, nei suoi vertici più alti come queste e tante altre pagine di Grossman (il suo Vita e destino, ad esempio) consista nel dar vita a personaggi che vivono secondo verità – una verità necessaria e in quanto tale libera – facendosi specchio dell’universale.

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Fin dall’indovinello di Verona, la scrittura è una metafora dello sforzo, della fatica e in qualche modo anche dell’innocenza (l’indovinello è proprio del mondo giocoso dell’infanzia): ricorda la fatica di chi lavora un campo duro da dissodare.

Il titolo del mio libro, Il vento ara il cielo, richiama questa fatica antica, suggerendo che non sia solo l’uomo a provarla ma la natura. Il tempo geologico entra nella narrazione.

La scogliera bianca della Scala dei Turchi 

Il linguaggio poetico, che ho utilizzato per il titolo ma anche per le brevi “introduzioni” ai vari capitoli del libro, mi ha aiutato a restituire il senso di un punto di vista che ambirebbe a coincidere con quello della “natura naturans” che, in qualche modo, nel libro rimane sempre in primo piano. L’immagine che la riassume è la scogliera bianca della Scala dei Turchi – un luogo dell’agrigentino in cui ho trascorso le estati fino ai miei dieci anni, oggi preso d’assalto dal turismo internazionale – la cui formazione risale al Messiniano: attraverso alcuni personaggi che, nel bene e nel male, legano i loro piccoli, infimi destini alla grande scogliera, l’immensamente grande coesiste con l’immensamente piccolo. Il loro “conatus” ci appare così fragile visto da una distanza siderale, ma chi asseconda la natura, la sua saggezza, secondo la propria natura, ha dei margini di manovra e di salvezza.

In certe novelle campagnole di Pirandello come Padron Dio e Canta l’Epistola, accade qualcosa di simile: chi assume il punto di vista della natura, uno sguardo apparentemente ingenuo ma profondo, ed è quindi messo ai margini – gente che socialmente non vale niente come Giudè e Tommasino Unzio – possiede la capacità di cogliere la temporalità (la provvisorietà e dunque l’assurdità) di quel credo profano d’interessi e valori che regge la comunità riuscendo così a smascherare, a dissacrare, ad affermare verità disarmanti.

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Gli scrittori siciliani hanno una dimestichezza con l’inclinazione “naturale” della letteratura a farsi ricerca di una verità sofferta

Gli scrittori siciliani – oltre a Pirandello, sopra tutti Leonardo Sciascia – hanno una dimestichezza con l’inclinazione “naturale” della letteratura a farsi ricerca di una verità sofferta, faticosa, perché la Sicilia è terra che, in un unico movimento, esalta quegli interessi profani di cui si diceva e nega o dissimula la verità. La mafia è l’espressione di questa dinamica che oggi ritroviamo un po’ ovunque nelle epifanie del capitalismo contemporaneo; nel mio romanzo esiste non come elemento sensazionalistico (come spesso la si ritrova declinata al cinema ad esempio), ma come fattore sostanziale, intrinseco alla società, premessa dell’oggi e certamente non solo della Sicilia: rileggendolo, mi ritorna in mente la frase di Giovanni Falcone sulla “mafia come fenomeno umano che in quanto tale, ha un principio, una sua evoluzione e avrà una fine”.

“La storia, nel romanzo storico siciliano, è il terreno in cui si articola il discorso sulla verità”

Sulla base di quella fatica dissacratoria che è la letteratura, mi pare che questa frase – il cui autore è un’altra mia fonte d’ispirazione – assuma un significato particolare (almeno lo spero). La storia, nel romanzo storico siciliano, è il terreno in cui si articola il discorso sulla verità, il non detto e l’impostura, arrivando fino ad essere negata (bollata per l’appunto come impostura ne Il Consiglio d’Egitto di Sciascia). Nel mio romanzo, che trattando di fatti risalenti a quasi settant’anni fa, ricade nella categoria suddetta, la storia è un segmento che s’incastra nel lungo asse del tempo geologico, e tuttavia, in forza proprio di questo, mi pare acquisti tutto il suo significato, nel bene e nel male, di storie – al plurale – di donne e uomini, creature perse in uno spazio immenso che può essere anche quello del loro piccolo, privato, dolore.

Il vento ara il cielo di Dario Lanfranca

L’AUTORE – Dario Lanfranca è nato nel 1970 a Palermo, dove oggi insegna italiano e geostoria al Centro provinciale per l’istruzione degli adulti Nelson Mandela. Regista e sceneggiatore, nel 2017 ha firmato il cortometraggio L’altro figlio e nel 2025 Giudè.

Ora, dopo la pubblicazione di La spugna d’oro (Rubettino, 2019), saggio sulle origini della mafia, firma il suo romanzo d’esordio, Il vento ara il cielo in uscita per minimum fax il 4 luglio.

Dario Lanfranca

Dario Lanfranca

Un libro che si muove tra le strade di Agrigento e Palermo, tra gli anni Sessanta e Settanta. La protagonista è Sabrina, “ingenua ragazza muta”, la cui storia e quella della sua famiglia si intrecciano alle vicende realmente accadute. Sullo scenario della Sicilia che si trasforma emerge la genesi della “borghesia mafiosa”, che “come un gas inodore permea qualunque cosa”.

Sulle orme di Leonardo Sciascia, Lanfranca si concentra sugli effetti di quel “gas che non risparmia nessuno”

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Fotografia header: la scogliera bianca della Scala dei Turchi nella foto GettyEditorial (24-6-2025)

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